Fratelli e sorelle, prima di riflettere alcuni istanti sulla Parola di Dio che abbiamo ascoltato, consentitemi di dare un brevissimo saluto innanzitutto ai vescovi e ai sacerdoti che insieme con me innalzano al Signore questo unico sacrificio della nostra salvezza. Un saluto a tutte le autorità civili e militari per la loro presenza qui in mezzo alla comunità cristiana. E un saluto a tutti quanti voi accorsi per metterci in cammino verso la casa che, secondo l’antichissima tradizione, vuole essere la Casa di Maria.
Nel suo saluto iniziale il Vescovo Nazzareno ha detto che da giovane professore avevo detto, ed è vero, che la fede non ha paura delle domande, la fede ha sempre bisogno di rispondere. Ma oggi, fratelli miei, siamo davanti a un altro tipo di domanda, oggi non ci sono le nostre domande. La parola di Dio ci ha rivolto direttamente una domanda fondamentale. Il Signore Dio chiamò Adamo e gli disse: Dove sei? È a questa domanda, fratelli miei, che dobbiamo rispondere, ognuno di noi: Dove sei? Ti sei forse nascosto perché hai paura di essere trasparente davanti a Dio? Dove sei? Hai forse paura di ascoltare la voce di Dio quando ti chiama, sapendo che ti chiede di cambiare vita? Perché una volta che si incontra Lui non esiste più neutralità alcuna. L’incontro con il Signore ci cambia la vita, ci fa buttare alle spalle ogni forma di quell’individualismo, autonomia, indipendenza, che molta parte della cultura di oggi vuole inculcare continuamente nelle nostre menti. Dove sei? Perché ti sei nascosto? Nessuno di noi, fratelli miei, abbia a rispondere: ho avuto paura. Dio non fa paura, Dio non può mettere paura a nessuno.
Il Dio che ci viene incontro è un Dio che desidera portare a compimento il disegno di salvezza su ciascuno di noi. Ne va della nostra vita, ne va della nostra esistenza. Non avere paura di cambiare la tua vita, non avere paura di diventare discepolo del Signore, non avere timore di seguire fino in fondo quanto ti chiede. È l’unico che ti ama di quell’amore vero, autentico, genuino, senza limiti, di quell’amore che dura per sempre, non come il nostro, sottoposto alla precarietà. L’amore di Chi ti chiama è l’amore che dura per sempre, quello di cui ognuno di noi sente un desiderio profondo, una nostalgia unica e sentiamo profondamente che è l’unico vero amore per la nostra esistenza. Dove sei?
Come sarebbe bello, fratelli miei, se fossimo capaci di rispondere: siamo insieme a quella folla che sta nella tua casa. Siamo chiamati ad essere nella casa di Dio, nella casa di Cristo. Vedete, il Vangelo di Marco, più degli altri Evangelisti, fa della casa un luogo particolare della rivelazione di Dio. Gesù si trova in una casa, come è stato nella casa di Pietro a Cafarnao dove c’era la suocera, dove sarà nella casa di Matteo, dove sta nella casa dei peccatori e dei pubblicani. Così ci viene detto: sta in una casa. Che bello se fosse casa nostra e questo può avvenire e in quella casa immediatamente noi scopriamo che siamo chiamati a diventare i familiari di Dio. Ci recheremo pellegrini verso la casa, dovremo cercare lì, simbolicamente, la stabilità della nostra fede, l’entusiasmo della nostra speranza, la forza della nostra carità. Sono tutti dentro a quella casa. Ci sono alcuni che sono fuori della casa. Certo Marco è alquanto impietoso, come faranno anche Matteo e Luca, nel dirci che i familiari di Gesù stavano invece fuori dalla casa e pensavano che era fuori di sé e volevano portarlo via, rinchiuderlo.
Non è così per noi. Gesù allarga lo sguardo su tutti noi che siamo qui presenti. Ecco chi è mio fratello e mia sorella, mia madre, chiunque compie la volontà di Dio. Ma per stare in quella casa siamo chiamati a rimanere nell’unità. Se quella casa è divisa in se stessa quella casa crolla, quella comunità non è più credibile, quella casa non è più il luogo dove Dio ci raccoglie per esprimere il suo amore e manifestare se stesso. La responsabilità che abbiamo perché quella casa, quella famiglia, rimanga profondamente unita. Nessuno di noi può pensare di delegare qualcheduno a questo compito. In forza del nostro battesimo ognuno di noi è personalmente responsabile per la costruzione dell’unità della comunità cristiana.
Da ultimo in quella casa ripetiamo con l’apostolo: “Ho creduto, per questo ho parlato”. Anche noi crediamo e per questo parliamo. Nessuno fra di noi fratelli miei, nessun battezzato sia afono, nessuno sia muto. Il coraggio di annunciare il vangelo, la gioia del dover partecipare agli altri del nostro incontro con il Signore, della nostra condivisione con lui nella sua casa. Questa è l’evangelizzazione, questo è portare il vangelo, questa è la speranza che il mondo oggi attende, una parola ancora una volta di amore che tocca il cuore e la mente di ciascuno. Ho creduto, per questo ho parlato e quanti modi abbiamo per parlare, per annunciare. Questo Pellegrinaggio è frutto della nostra fede ed è frutto della nostra comunicazione. Anche mettersi in cammino è aver parlato, anche rimanere nel silenzio della notte, meditare, riflettere, pregare, anche quello è aver parlato, purchè tutto provenga dall’inizio. Ho creduto, anche noi crediamo e perciò parliamo.
Ecco fratelli e sorelle, restiamo qualche istante in silenzio, facciamo in modo che questa parola di Dio che ci è stata rivolta continui a provocare la nostra mente a riflettere e apra il nostro cuore alla preghiera, con quelle stesse parole con le quali abbiamo iniziato questa santa liturgia: “Perché ispirati da te, o Signore, possiamo essere testimoni delle opere che Tu ci chiedi di compiere”. E così sia.