Il cardinale Bagnasco ha aperto la marcia promossa da CL «Cristo cerca l'uomo smarrito da una libertà sregolata»
«Trent'anni di grazia e responsabilità». Imbrunisce sullo stadio Helvia Recina di Macerata e le parole del cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei e arcivescovo di Genova, sono il fischio d'inizio della trentesima «partita con Dio». Palchi gremiti, cori e cappellini, lo scenario è calcistico ma il pellegrinaggio Macerata-Loreto, ventotto chilometri a piedi da ieri sera all'alba di oggi, non è un appuntamento solo per sportivi, anche se sono stati gli atleti marchigiani a portare qui la fiaccola benedetta dal Papa (e diretta a Sydney per la Gmg di luglio), né solo per i giovani, la maggioranza, e neppure soltanto per i cristiani, visto che quest'anno partecipa anche un nutrito gruppo di musulmani. Tra loro, anche Domnia Ettaib, che guida l'associazione per l'affermazione dei diritti delle donne islamiche, e Malia El Hazzazi, modella marocchina e moglie di Adriano Galliani. Poco prima della Messa, sale sul palco Magdi Cristiano Allam, che poi ha letto anche la prima Lettura e il Salmo durante l'Eucaristia.
Si respira una «condivisione dei valori della pace, della giustizia, della solidarietà e della libertà religiosa», ha scritto il presidente della Repubblica. «Una significativa esperienza di preghiera che ripropone in modo originale un gesto profondamente sentito dal popolo cristiano»: il messaggio di papa Benedetto XVI offre questo senso al «popolo della notte» che si mette in marcia dietro la croce donata da Giovanni Paolo II, da Macerata a Villa Potenza, da Sanbucheto a San Firmano, da Chiarino a Loreto, sulle orme antiche della devozione lauretana. Un fiume umano che scorre alla luce delle fiaccole e al ritmo del Rosario, dei canti, delle testimonianze, fino al Santuario della Santa Casa. L'esperienza, promossa ogni anno da Comunione e liberazione con le diocesi marchigiane, conquista scout e neocatecumenali, giovani dell'Azione cattolica e focolarini, Rinnovamento nello Spirito e soprattutto il popolo delle parrocchie, arrivato in pullman da tutt'Italia per aderire a una proposta identitaria eppure inclusiva.
Toccanti gli omaggi agli amici scomparsi: Chiara Lubich, il cantautore Claudio Chieffo, don Oreste Benzi e l'arcivescovo di Loreto monsignor Gianni Danzi. Con un telegramma sono arrivate anche le parole del patriarca di Venezia, Angelo Scola.
Don Julian Carrón apre il pellegrinaggio ricordando l'incontro di don Giussani con Giovanni Paolo II, nel 1998, da cui è tratto il tema di quest'anno: «Il mendicante è il vero protagonista della storia e siamo tutti mendicanti, noi che riconosciamo il nostro bisogno di Dio e ci mettiamo in cammino. Cristo, vedendoci, incontrandoci così diventa lui stesso mendicante del cuore dell'uomo», spiega il presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione, inquadrando il dolore del mondo nella «divisione tra l'uomo che si convince di essere bisognoso di Dio e l'uomo che si crede autosufficiente». Dopo di lui, Monica Clementoni condivide con il popolo della Macerata-Loreto il ricordo delle ultime ore, dolorosissime, della madre, e il suo insegnamento: «La sofferenza non è mai sterile, è sempre feconda».
Li ascolta monsignor Giancarlo Vecerrica, vescovo in scarpe da trekking. Oggi guida la diocesi di Fabriano-Matelica ma ha «inventato» lui questo pellegrinaggio alla fine degli anni Settanta, quando l'Italia era diversa eppure la secolarizzazione mordeva già: «Siamo partiti tanto tempo fa - ricorda - per dare ai giovani un senso e l'abbiamo trovato noi con loro».
Loro nel '78 erano trecento e parevan molti; oggi sono 80 mila. Come allora, si parla di gioia, di affidarsi a Maria, di Cristo vivo e vero, che si pone in cammino «alla ricerca dell'uomo smarrito perché ingannato da una libertà sregolata che molto promette e tutto toglie. Che lo rapina della sua dignità» avverte il presidente della Conferenza episcopale italiana nell'omelia. Bagnasco li fissa uno ad uno, i pellegrini pronti a partire, chi in tenuta tecnica e bandana, chi in ciabatte, da levare durante il percorso. «Pellegrini e mendicanti, ma non vagabondi; noi sappiamo dove stiamo andando» ha ripetuto poco prima monsignor Vecerrica che ha concelebrato la Messa presieduta da Bagnasco assieme a Claudio Giuliodori, vescovo di Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia, Luigi Conti, arcivescovo di Fermo e presidente della Conferenza episcopale delle Marche, Giovanni Tonucci, arcivescovo delegato pontificio di Loreto, Francesco Giovanni Brugnaro, arcivescovo di Camerino-San Severino Marche, Armando Trasarti, vescovo di Fano-Fossombrone-Cagli-Pergola, e Giuseppe Orlandoni, vescovo di Senigallia. Il cardinale Bagnasco parla di un Dio premuroso e fedele «che si fa mendicante, alla ricerca dell'umanità ferita e umiliata dalla menzogna e dalla divisione. È in nome di questa fedeltà che il Dio della luce si fa Mistero presente nella storia». Dio cerca Matteo («seguimi») e «Matteo si fa mendicante: la sua mendicanza è il discepolato dietro al Maestro, improvvisamente apparso come la ragione vera non solo del mondo, ma del suo cuore, della sua piccola ma unica storia; apparso come la luce nel suo grigiore - aggiunge Bagnasco -, la grandezza nelle sue meschinità. È qui descritta anche la nostra vicenda».
C'è sintonia di mente e di cuore tra l'arcivescovo di Genova e i giovani sugli spalti. Un segno incoraggiante per monsignor Giuliodori che ha definito questo pellegrinaggio «un'inversione di tendenza e la conferma che è possibile una rinnovata opera educativa». Il cardinale insiste sulla «vicenda», invita a «non perderne la memoria per rinnovarne la grazia». La voce si fa intensa: «Non dimentichiamo. La dimenticanza è figlia dell'abitudine al dono, al miracolo, per cui anche il Cielo appare scontato e banale. Per questo dobbiamo rinnovare ogni giorno l'ascolto di quell'invito, "seguimi", che Gesù ha pronunciato su noi: un invito breve e delicato come un alito di vento, ma sconvolgente come un turbine».
L'omelia di Bagnasco, dunque, diventa un appello a «riascoltare la voce del grande Mendicante» e a scegliere la mendicanza umana, con l'aiuto della Vergine, per «alzarci anche noi ogni giorno, scuoterci dalle nostre pigrizie, dalle insidie dell'egoismo che intristisce l'anima. Rimanere pellegrini in questa attraversata nel tempo, pellegrini non soli, solerti e operosi, capaci di guardare il mondo con gli occhi di Cristo per amarlo un poco con il suo stesso cuore». Pellegrini, appunto, e non vagabondi.