In cammino con Francesca, studentessa a Milano
Continuando il dialogo con i nostri amici incontriamo Francesca, studentessa iscritta al 1° anno di Scienze Politiche presso l’Università Statale di Milano. Il 23 febbraio, come è accaduto ad altri suoi amici, in seguito alla emergenza sanitaria ha lasciato Milano per tornare a casa. Anche a lei abbiamo chiesto di raccontarci la sua esperienza in questa circostanza del coronavirus, i suoi timori, le sue scoperte, le sue attese.
Nella mia esperienza, seppur breve, mi sto rendendo conto di quanto siano importanti i rapporti ‘carnali’, le amicizie vere, la compagnia costante di quegli amici che io definisco ‘amici per la vita’. La partenza per l’Università è stato il momento in cui ho iniziato a prendere consapevolezza di questo: avvertivo una mancanza, senza di loro non riuscivo a sentirmi me stessa e per molto tempo ho fatto fatica ad adattarmi alla nuova situazione. Ma la realtà mi ha messo davanti volti nuovi, persone che con pazienza ho desiderato conoscere, apprezzare e soprattutto imparare a voler loro bene. Il ritorno a casa per questa emergenza sanitaria mi ha dato la possibilità di rivedere la mia famiglia ed i miei amici più cari e questo mi ha riempito di speranza. Ora il mio ‘bisogno di impossibile’ è continuare a sentire vivi anche quei rapporti che ho lasciato tornando a casa, essere certa che quegli amici continuino a volermi bene, desidero non aver paura, tornando a Milano, di non trovare più lo stesso luogo, che, con fatica, iniziavo a chiamare casa.
Papa Francesco il 27 marzo ci diceva: "...ci siamo resi conto di trovarci nella stessa barca, tutti fragili e disorientati… la tempesta smaschera la nostra vulnerabilità”. E’ stato così anche per te? Se sì, cosa ti aiuta a stare di fronte al disorientamento e alla paura senza esserne sopraffatta?
Mi rendo davvero conto di come questa emergenza ci renda tutti uguali e tutti bisognosi, lo vedo a casa e lo vedo con i miei amici con i quali ogni giorno ci cerchiamo, in qualsiasi modo, anche semplicemente per provare a fare due chiacchiere e sentirci meno soli. Lo vedo negli occhi delle persone che incontro una volta alla settimana quando esco per fare la spesa, sono impaurite e disorientate, anche solo nel mettersi in fila fuori dal supermercato. E’ proprio vero che “la tempesta smaschera la nostra vulnerabilità”. Di fronte a questa paura non è facile resistere, ma quello che mi aiuta a non esserne sopraffatta è proprio una compagnia. Sapere che non sono sola mi fa guardare con speranza alla fine di tutto questo. Mi accorgo, però, che questa compagnia non è scontata e che per sentirmi meno sola non devo far altro che chiedere. Di fronte al disorientamento e alla paura mi scopro bisognosa di chiedere aiuto.
Tu hai affrontato più volte l’esperienze del pellegrinaggio, che quest’anno avverrà in una modalità insolita, che ci costringe a tornare all’essenziale. Con quale attesa vivi il pellegrinaggio di quest’anno? Cos'è l'essenziale nella tua esperienza?
Il pellegrinaggio Macerata-Loreto è sempre stato per me uno dei momenti più significativi e intimi dell’anno, un punto centrale per la mia crescita e sarò sempre grata a chi ormai da tanti anni lavora per renderlo così speciale. Scoprire tramite i social la possibilità di partecipare in qualche modo al gesto, anche in una tale situazione di emergenza, mi ha colpita. Questo mi ha permesso di capire che forse il pellegrinaggio non si esaurisce in una sola notte, ma è un cammino che ti accompagna tutto l’anno.
Tornare all’essenziale è scoprire quello che mi definisce, la parte più intima di me, il mio cuore. Vorrei che questo fosse l’unico filtro che le persone avessero per guardarmi ‘non si vede bene che col cuore’ (Il piccolo principe, Antonie de Saint-Exupéry). Perciò il mio invito è quello di vivere il pellegrinaggio di quest’anno con il cuore.