Ci ha colpito recentemente la lettura di “Cento ripartenze. Quando la vita ricomincia”, che raccoglie brevi storie e testimonianze di persone che hanno sperimentato la possibilità di ripartire. Abbiamo per questo incontrato il suo autore Giorgio Paolucci, editorialista del quotidiano Avvenire, giornalista, scrittore e amico del Pellegrinaggio.

Lei ha partecipato più volte al Pellegrinaggio a piedi Macerata Loreto e ha dato voce a questa straordinaria esperienza nel suo libro Un popolo nella notte. Come si sente provocato dal tema proposto quest’anno “Chi cerchi?”?

E’ un titolo che sfida e provoca, parole che inducono a chiedersi anzitutto: perché partecipo a questo pellegrinaggio? Ho delle domande con cui misurarmi oppure ci vado per consuetudine, come potrebbe accadere a chi come me partecipa da tanti anni e rischia di essere vittima di una sorta di “sindrome del veterano”, di chi sa già, ha già visto, ha già sentito, ha già vissuto… L’altra cosa che mi colpisce è che non si chiede COSA ma CHI cerchi, cioè quale fascino umano, quale presenza umana corrisponde alle esigenze del tuo cuore? In un mondo che presume di avere la risposta pronta per tutto, è molto utile - direi decisivo - avere chi ripropone domande radicali come queste, e ti invita a rivolgerle alla tua persona.

Recentemente ha raccolto nel libro 'Cento ripartenze. Quando la vita ricomincia' i suoi articoli pubblicati dal quotidiano Avvenire nella rubrica Ripartenze e altre storie di rinascita umana scritte in seguito. Molti i volti e le persone presenti in questa raccolta. Da cosa è rimasto colpito conoscendo le loro storie?

Anzitutto dal fatto che in ogni persona c’è un inesausto desiderio di ripartire dopo ogni caduta, di andare sempre avanti, di cercare il meglio per sé. Come sono vere le parole di Anna Harendt: “Gli uomini, anche se devono morire, non sono nati per morire ma per ricominciare”. L’altra cosa che mi ha colpito è vedere l’importanza di quelli che nel libro definisco “testimoni di speranza”: persone che con la loro presenza, con il loro comportamento, accendono una luce, una fiammella, una lampadina nel buio che spesso ci circonda e che a volte sembra la normalità alla quale rassegnarci. Queste persone ci scuotono dal torpore, dalla disillusione, dal cinismo e testimoniano con la loro vita che c’è qualcosa di bello e di grande per cui vale la pena spendere l’esistenza. Abbiamo tutti bisogno come l’aria di incontrare, frequentare e circondarci di persone così.

Nella prefazione Daniele Mencarelli scrive, riferendosi alle storie raccontate nel libro: “In ognuna di queste Polaroid, citata o meno, si scorge sempre una presenza. La presenza della dismisura. Della mancanza di cui a un certo punto ci sentiamo pieni, per parafrasare Mario Luzi”. Cos’è questa mancanza di cui ci sentiamo pieni? Cosa introduce nelle storie incontrate?

Introduce la consapevolezza che la fragilità appartiene alla natura dell’uomo (la prima frase del libro, non a caso, è “non siamo infrangibili”) e nel contempo evidenzia che c’è Qualcuno che non ci abbandona alla nostra fragilità, si rende compagno nel cammino, ci tende la mano attraverso l’incontro con persone in carne e ossa, attraverso accadimenti, attraverso un libro, un film… Viene consegnata poi alla nostra libertà la possibilità di rispondere a questi segni, leggerli e capire come ci parlano, cosa ci indicano, dove ci inducono a guardare, su quali strade camminare. Il Pellegrinaggio Macerata-Loreto è uno di questi cammini, per questo continuo a partecipare e a invitare amici.

Giorgio Paolucci insieme a Mons. Giancarlo Vecerrica