L’apertura della Porta Santa a Loreto per il Giubileo straordinario
Quando il cardinale segretario di Stato Vaticano, Pietro Parolin, domenica 8 dicembre, chiede, con le parole del santo re David, che gli venga aperta la porta della giustizia, la piazza del Bramante si sta ancora riempiendo. La gente arriva lentamente: fino ad un’ora prima, gli organizzatori guardavano preoccupati le persone sole, a coppie o in piccoli gruppi che passeggiando si avvicinavano al corridoio transennato, pronto per la processione del cardinale e del seguito che si sarebbe mossa al suono del jobel. Nessuna fretta nel bel pomeriggio dell’Immacolata, con il santuario assediato da venditori di rosari, statuine, scarpe, vestiti, formaggio e porchetta. Piano piano, dalle bancarelle, dai bar, dalle mostre allestite per il Giubileo, dallo spaccio di olio e vino della Santa Casa, dalla Scala santa, dai parcheggi impossibili, da ogni dove la gente è alla fine arrivata per veder sfilare e lanciare baci ai cardinali Parolin, Menichelli e Turkson che, insieme al vescovo Dal Cin e ai vescovi delle Marche, ai sacerdoti e ai diaconi, ai frati francescani con il loro provinciale frate Sergio, camminavano dietro al crucifero, che li ha condotti alla porta di bronzo di sinistra, la porta giubilare, in braccio a quel Mosè che da 400 anni è lì che solca il Mar Rosso.
Nella piazza non c’erano gli striscioni e i cartelli con i quali, in occasioni del genere, associazioni, gruppi, parrocchie e circoli vari marcano il territorio, cercando le posizioni più visibili, sulla traiettoria delle telecamere. C’erano, invece, i labari delle Misericordie, i gonfaloni delle Confraternite, con laici devoti e priori a raccontare qualcosa di più del folclore di stendardi e costumi d’epoca e, naturalmente, i militari dell’Aeronautica, onnipresenti, con operatori tv, fotografi, picchetti d’onore, generali pluristellati e sentinelle in parità di genere ai lati della Porta. Anche i Carabinieri, la Polizia, la Guardia di Finanza e i Vigili del fuoco hanno avuto la loro parte. E poi la gente comune con il rosario intorno allo smartphone e i passeggini, le carrozzine degli invalidi, le coppie a braccetto con lo zainetto sulla schiena, i ragazzi incuriositi, gli anziani devoti, la suora con la sacca in spalla e il trolley al seguito: tutti in fila dietro al corteo ufficiale, in attesa di entrare nella Basilica attraverso la “porta della giustizia”. Gente normale, quotidiana, il popolo che si incontra al Pellegrinaggio, che ha riempito tutta la Basilica, continuando ad entrare anche fin dopo l’omelia, incollata agli schermi delle cappelle intorno all’altare. Gente compagna di strada e di vita di quella “Maria donna feriale” di don Tonino Bello, che il cardinal Parolin ha lungamente citato. «Maria viveva sulla terra una vita comune a tutti, piena di sollecitudini familiari e di lavoro – ha detto il segretario di Stato di Papa Francesco, leggendo una meditazione del vescovo pugliese – Sì, anche lei ha avuto i suoi problemi di salute, di economia, di rapporti, di adattamento». Come la donna che si asciugava gli occhi o il vecchio con gli abiti dimessi, in ginocchio, aggrappato all’inferriata della cappella del santissimo Sacramento. «Proprio per questo – ha proseguito il cardinale – possiamo guardare a lei senza timori, con totale confidenza e abbandono: lasciarci affascinare dalla bellezza di Maria Immacolata per diventare belli noi e rendere bello il mondo in cui viviamo». Sulla bellezza, il cardinal segretario di Stato ha insistito al momento del congedo: «O Maria, tu che sei tutta bella della bellezza di Dio, rivelaci sempre più pienamente il mistero del tuo Figlio e della Chiesa, e fa’ che la bellezza della grazia non cessi mai di attirare i cuori umani».
di Domenico Bartolini