Messaggio di don Julián Carrón per il 42° Pellegrinaggio
Cari amici, all’inizio del lockdown in molti si saranno domandati: «Ci sarà il pellegrinaggio a Loreto quest’anno?». Evidentemente, la lenta uscita dall’emergenza sanitaria non consente di celebrare un gesto tanto atteso da decine di migliaia di persone.
La realtà ha fatto irruzione nella nostra vita, imponendoci un cambiamento che mai avremmo immaginato: il confinamento, per limitare al massimo le possibilità del contagio. È un sacrificio che il Mistero ha permesso come passo di un cammino verso il proprio destino, di quel pellegrinaggio che è la vita di un uomo.
Questa circostanza ci ha resi più consapevoli del nostro bisogno, e quindi della ragione che ci avrebbe portato a Loreto. Di quale bisogno si tratta? Soprattutto in questi tempi dobbiamo esserne più consapevoli, perché non si avverino in noi le terribili parole di T.S. Eliot nei suoi Cori da “La Rocca”: «Dov’è la Vita che abbiamo perduto vivendo?».
Proprio la mortificazione che ci viene chiesta quest’anno, dovendo rinunciare alla sua forma consueta, può diventare un’occasione per cogliere la natura del pellegrinaggio, come dice una nostra amica universitaria: «Questo mi ha permesso di capire che forse il pellegrinaggio non si esaurisce in una sola notte, ma è un cammino che ti accompagna tutto l’anno». Guardare così la circostanza attuale significa percepire la vita come vocazione. La circostanza, infatti, qualunque essa sia, è la modalità attraverso cui il Mistero ci chiama a imparare a vivere tutto.
Che cos’è la vocazione? Camminare verso il destino attraverso le circostanze, «quasi che […] dovessi rimanere sospeso a una volontà che non conosco, istante per istante […] sospesi al cenno di questo ignoto “signore”, attenti ai segni di una volontà che ci apparirebbe attraverso la pura, immediata circostanza. Ripeto: l’uomo, la vita razionale dell’uomo dovrebbe essere sospesa all’istante, sospesa in ogni istante a questo segno apparentemente così volubile, così casuale che sono le circostanze attraverso le quali l’ignoto “signore” mi trascina, mi provoca al suo disegno. E dir “sì” a ogni istante senza vedere niente, semplicemente aderendo alla pressione delle occasioni. È una posizione vertiginosa» (L. Giussani, Il senso religioso, Rizzoli, Milano 2010, pp. 188˗189).
Chi ne è capace? È una vertigine, appunto. Per questo il Signore non è rimasto «ignoto». Ha avuto pietà di noi, ha ascoltato il grido del cuore – il «bisogno di impossibile» di cui parla il Caligola di Camus – e ha manifestato il Suo volto: «Hic Verbum caro factum est». Nella casa di Nazareth, nel ventre di Maria è diventato carne, Cristo si è reso oggetto di esperienza sensibile per coloro che Lo incontravano lungo le strade della Galilea. E con la Sua morte e resurrezione è rimasto presente e ci raggiunge attraverso la carne di coloro che continua ad afferrare e che ci offre come compagni di strada. Proprio l’isolamento di questi mesi – paradossalmente – ci ha fatto sorprendere di chi sono i veri compagni del nostro cammino, quelli con i quali andremmo volentieri in capo al mondo: persone che non riducono la portata del nostro bisogno, che non ci distraggono dalle domande fondamentali, ma le alimentano con la loro stessa presenza. Questi sono i veri compagni di strada che il Mistero ci ha donato perché non rimanessimo soli e disperati nel pellegrinaggio della vita. Perché il nulla non l’abbia vinta su di noi.
Che impressione uno degli ultimi messaggi di don Giussani al pellegrinaggio Macerata˗Loreto! Era il 2003: «Quando ci si mette insieme, perché lo facciamo? Per strappare agli amici, e se fosse possibile a tutto il mondo, il nulla in cui ogni uomo si trova. […] Incontrando noi, […] uno si senta come afferrato nel profondo, riscosso dalla sua apparente nullità, debolezza, cattiveria o confusione, e si senta come d’improvviso invitato alle nozze di un principe. La Madonna è come l’invito del principe».
Infatti in Lei risplende la vittoria sul nulla, la novità che sfida qualsiasi impotenza, paura o buio incombente su ciascuno di noi. Guardarla ogni mattino, mentre preghiamo l’Angelus, è il punto di partenza di ogni giornata, di ogni tentativo di costruzione, adesso che riprendiamo le abituali attività e siamo chiamati – ciascuno lì dove è – a dare il nostro contributo alla ripartenza, sostenuti da coloro che in questo periodo abbiamo intercettato riconoscendoli “afferrati” come Lei.
Guardiamo avanti! don Julián Carrón