«Chi sono io pellegrino in questa pungente notte estiva, lungo i sentieri delle dolci colline marchigiane?». È lo stadio Helvia Recina di Macerata, sono le nove di una sera ancora chiara. Il cardinale Angelo Scola, Patriarca di Venezia, ha da poco iniziato la sua omelia e in sessantamila lo ascoltano, in attesa della lunga notte di cammino. La casa di Maria, "Santuario dell'Incarnazione", è meta di noi tutti: Loreto. Quella finestra stretta e quei mattoni scuri, dove il Mistero, in un preciso giorno della storia, «non disdegnò di farsi sua fattura», nel ventre di una giovane di Nazaret.
La fiaccola della pace, benedetta a Bari da Papa Ratzinger, brucia alta al centro dello stadio, brulicante di sorrisi e silenzio. E ricorda il fuoco di cui parla il giornalista Giuliano Ferrara, citando, nel suo saluto ai pellegrini, il discorso che Giovanni Paolo II fece ai giovani di Torre Vergata: «Siete chiamati a infuocare il mondo». Da quel 2000, anno giubilare, tanto è successo, e questa 27esima edizione di Macerata-Loreto 2005 porta con sé la memoria di due grandi, «sostenitori più decisivi del pellegrinaggio: don Giussani e Giovanni Paolo II. Senza il loro stimolo esso non ci sarebbe», scrive Carron.
Si parte allora, ed è già notte. Dai bar uomini e donne del sabato sera osservano muti, alcuni salutano, il lungo serpentone di pellegrini in festa, pronto ad addentrarsi nel buio delle campagne marchigiane. è uno sbigottimento da "Innominato", non a caso dagli altoparlanti, che accompagnano il cammino con canti, testimonianze e rosari, viene letta proprio quella pagina dei Promessi Sposi. Dopo l'incontro con Lucia, lui, l'innominabile, rimane senza parole di fronte al popolo in festa, «Chi è quella gente?». I pellegrini di oggi, 11 giugno 2005, i più giovani, indossano le magliette dei Sex Pistols e dei Led Zeppelin, riprendono con i videotelefoni le luci dei paesi in collina e i campi di grano, e inviano sms agli amici a casa. Sono passati secoli da quell'alba, ma investe ancora il cuore la domanda del cardinale Scola: «Chi sono io pellegrino?». Io, adesso, che cammino sotto questo arco di querce, e attraverso case illuminate e capannoni bianchi, fino a te, Madre, «Figlia del tuo Figlio»? Una notte che è una vita. Forse è questo il senso?
Le tre è l'ora più fredda. Le gambe tremano un po' e qualcuno vicino si accascia. Non è un vuoto vagare la vita, non è un nulla una notte! Vogliamo vederti Madre, "viva tra noi", e a Te tendiamo, come fiaccole che alte scuotono il buio.