Papa Francesco non ha telefonato. Tutti ci hanno sperato fino alla fine ma i medici del Gemelli sono stati irremovibili: “riposo assoluto”.
Mercoledì scorso, al termine dell’Udienza Generale, dopo aver benedetto la Fiaccola del Pellegrinaggio, Francesco aveva salutato personalmente monsignor Vecerrica, augurando tre volte “Buon pellegrinaggio”, e aveva sorriso all’ennesima richiesta telefonica dell’infaticabile don Giancarlo. Facendo ben sperare. La telefonata non c’è stata, ma nel suo saluto iniziale Ermanno Calzolaio,
presidente del Pellegrinaggio, ha letto la consegna che il Papa certamente avrebbe dato ai pellegrini se ieri sera avesse chiamato.
Tempo fa, infatti, Francesco, anticipando il tema del Pellegrinaggio, aveva detto che Gesù chiede «Chi cerchi e non cosa cerchi, perchè le cose non bastano per vivere; per vivere occorre il Dio dell’amore. Il bisogno di questo Chi, la ricerca di un amore che dura per sempre, la domanda sul senso della vita, sul dolore, sul tradimento, sulla solitudine. Sono inquietudini di fronte alle quali non bastano ricette e precetti; occorre camminare, occorre camminare insieme, farsi compagni di viaggio». E su questa lunghezza d’onda si sono sintonizzati tutti gli interventi allo stadio, a partire dall’omelia del cardinal Donati, colpito da «questa tradizione popolare ormai consolidata, con le sue radici lontane». Per il cardinale, già il fatto che questo Pellegrinaggio si tenga alla vigilia del Corpus Domini indica la risposta a questa domanda di Gesù. Si cerca Lui nel mistero dell’Eucarestia che ricompone l’unità.
Il cardinale ha detto che il Vangelo, per questa ricerca, propone tre passaggi. Il primo è che quando si cerca Qualcuno si è portati a ricordare. «A ricordare tutti quei momenti in cui abbiamo sperimentato la pienezza, la pace, l’amore. Quel qualcuno che cerchiamo è Colui che ci ha trovati da sempre perché si è messo sulle nostre tracce fin dall’eternità. Potremmo per questo dire che “chi cerca è trovato”». Secondo passaggio è “cercare insieme” perché «essere cristiani è essere con Cristo in una compagnia affidabile di amici, di fratelli chiamati a camminare insieme con gioia». Terzo, è che se si cerca veramente si trova sempre qualcosa di più: «Gesù alla folla che cercava pane offriva molto di più, il Pane vivo che dà la vita eterna».
«In questa notte e da questa notte – ha concluso il cardinale – siate voi fiaccole della pace, che illuminano questo tempo di buio, pensando a troppe persone che soffrono il dramma della guerra e della violenza. Fiaccole capaci di strapparci dal nulla che vuole divorare l’anima per renderci nemici tra noi e in noi stessi».
Come dicevamo, il Papa non ha telefonato ma la gente che era allo stadio, nonostante la minaccia della pioggia, al Santo Padre vuole bene e lo ha dimostrato con il lungo applauso che ha fatto seguito al saluto affettuoso di Francesco portato dal cardinale De Donatis.
Come sempre, il Pellegrinaggio non è stato solo un pio gesto devozionale, avulso dal mondo. Il mondo è stato presente, con le sue tragedie e i suoi drammi di questo tempo.
Prima della Messa, c’è stato il messaggio di monsignor Paolo Pezzi, Arcivescovo Metropolita della Madre di Dio a Mosca. Un messaggio breve, neanche venti righe di testo, pesato in ogni sua parola, nel quale i nomi dei protagonisti della tragedia non vengono neanche fatti, «perchè la conversione dei cuori, di tutti i cuori è la condizione necessaria perché la pace di Cristo si distenda innanzitutto nei cuori e poi nelle famiglie, nelle nazioni e tra i popoli». «In questa circostanza, che è molto dolorosa, per certi versi tragica – ha aggiunto monsignor Pezzi – desidero innanzitutto farmi pellegrino di pace e chiedere a voi di pregare, di pregare per la pace». L’arcivescovo di Mosca, infine, ha consegnato ai pellegrini il cammino sinodale della Chiesa. «La Chiesa nei primi secoli si chiamava infatti “Comunione e Pace” – ha spiegato monsignor Pezzi – Ecco, siate pellegrini attivi di questo processo sinodale. Che Dio vi accompagni!»
L’altra grande sofferenza di questi giorni è l’alluvione che ha colpito l’Emilia Romagna. Don Leo, un sacerdote di Lugo, in prima fila a dare una mano dove serve, con i suoi parrocchiani e i suoi ragazzi di Gioventù studentesca, non ha usato il termine “tragedia” («la tragedia lascia solo disperazione», dice) ma ”dramma”, perché «il dramma è sempre una speranza». E questo dramma ha fatto scoprire una generosità che testimonia come il cuore dell’uomo «sia fatto bene, sia fatto per il bene». Don Leo vorrebbe che la potenza dell’alluvione si ripetesse attraverso qualcosa o qualcuno che abbia la stessa forza dirompente, ma in senso buono, che sia capace, ancora una volta, di «metterci davanti al nostro io e al mistero di cui l’io è fatto; qualcosa che abbia la stessa forza dell’alluvione». Il parroco romagnolo ha raccontato di una chat di pronto intervento di settecento giovani volontari, e degli studenti di Gs, che per dieci giorni hanno spalato fango al palazzetto dello sport, sotto lo sguardo stupito dei volontari della Croce Rossa e della Protezione Civile. «Dobbiamo pregare – ha concluso don Leo – e riconoscere che Dio è un Padre che non manda l’alluvione, perché l’alluvione non viene da Dio ma dalla natura, che non è madre ma una povera creatura ferita dal peccato come lo siamo noi; il peccato originale di cui portiamo ancora la conseguenza, è la presunzione dell’uomo di volersi fare padrone di se stesso e sostituirsi a Dio. Se la nostra amicizia non ci porta a fare esperienza che Dio ci è Padre e ci ama, vivremo sempre come degli orfani alienati, naufraghi, sballottati dalle onde del male».
L’evento di stasera era cominciato con i video di due grandi personaggi, ancora oggi presenti nel cuore di tanti che sono affezionati a questo Cammino. Nel 1993, al Pellegrinaggio, c’erano stati due ospiti di eccellenza: San Giovanni Paolo II e il servo di Dio Luigi Giussani. Sul maxischermo sono stati riproposti i loro interventi.
Prima della Messa era intervenuto il sindaco di Macerata, Sandro Parcaroli che si è detto certo che «nel Pellegrinaggio inizia la possibilità di una pace, perché tutti cerchiamo il Dio dell’amore e per questo, nella pace, saremo compagni di viaggio». Monsignor Nazzareno Marconi, vescovo di Macerata e presidente della Conferenza episcopale marchigiana, nel salutare i presenti e il cardinal De Donatis, ha sottolineato come la domanda di Gesù: “Chi cerchi”, che è il titolo di questo pellegrinaggio, «ci dica che il nostro cuore non trova pace nelle cose e neanche nelle idee ma si acquieta solo se incontra il Suo volto, come afferma sant’Agostino. La passione che va verso l’alto – ha concluso – è l’unica che ci salva».
Il Pellegrinaggio si è mosso poco prima delle 22, terminata la Messa. A Loreto, domani mattina, sono attese almeno 50 mila persone (oltre 200 i pullman da tutta Italia). Con la speranza che la Madonna, come ha detto monsignor Marconi, continui nei suoi “miracoli a puntate”, tenendo a bada il tempo.