Lui, Giuliano Ferrara, uno degli ospiti d'onore, o meglio, secondo la definizione del Comitato organizzatore, uno dei "testimoni", il pellegrinaggio non lo fa a piedi, come gli altri 50.000 e più, venuti da tutta Italia e non solo: da Francia, Germania e Svizzera. Ne fa un pezzo in macchina, poi aspetterà a Loreto. Vuol vedere i pellegrini che arriveranno, stanchi morti, sudati, incespicanti, con i rosari a penzoloni nelle mani e nelle tasche. Uno spettacolo davvero strano, per un ateo come lui. Come mai, proprio oggi, qui a Loreto? No, per carità, non tiriamo in ballo il referendum. «Mi hanno chiesto di non nominare "quella cosa" che lei ha appena nominato», risponde seraficamente ad una giornalista che tenta disperatamente di fargli esprimere un qualche giudizio sul referendum. Si capisce che magari lui "quella cosa" la nominerebbe volentieri. Ma la consegna è questa: non si parla in pubblico dell'appuntamento così cruciale per i cattolici, per la Chiesa, dunque non ne parla neppure lui, "il testimone" d'eccezione Ferrara.
Invitato a «dare una testimonianza» prima dell'avvio del pellegrinaggio a piedi da Macerata a Loreto, parla di Giovanni Paolo II e di don Giussani, a cui quest'anno l'evento è dedicato. Poi, alla fine, si lascia andare e ripete: «Vorrei parlare di qualcosa di cui mi è stato chiesto di non parlare. Io non credo, ma credo nella libertà di credere, nella libertà di professare la propria fede. Penso che l’uomo integrale, che si riconosce nelle radici cristiane, ama e vuole proteggere la realtà anche quando essa è microscopica». Se non è un richiamo forte questo... D'altra parte il pellegrinaggio, giunto alla sua ventisettesima edizione, ci spiegano in molti, è davvero un gesto per la vita, per la fede nella vita. Così, anche se tutti, qui a Macerata, parlano di semplice coincidenza, visto che la data è stata fissata un anno fa, ma che il primo giorno di urne aperte per il referendum sulla fecondazione assistita cominci proprio al termine della lunga notte di preghiera diventa un simbolo evidente. Laici e cattolici si ritrovano insieme, fianco a fianco, letteralmente, alla fine di una campagna referendaria che, soprattutto nelle ultime settimane e negli ultimi giorni, è stata incandescente. E Ferrara ne è stato uno dei protagonisti.
A darsi appuntamento in cammino tra Macerata e Loreto - appuntamento nato ventisette anni fa anche per iniziativa di monsignor Giancarlo Vecerrica, vescovo di Fabriano, che nel 1978 era un giovane prete di Comunione e Liberazione - quest'anno le "personalità", i "testimoni" sono parecchi. Ferrara a parte, ci sono anche Savino Pezzotta, segretario Cisl, Luigino Alici, nuovo presidente dell'Azione Cattolica, Luca Volontè, capogruppo dell'Udc alla Camera, gli imprenditori Maria Paola e Vittorio Merloni. Fascino del cammino nella notte come metafora della vita. Voglia di un'esperienza popolare. E poi, sotto sotto, sempre questa strana coincidenza. Oggi si è chiamati alle urne e qui nessuno si nasconde che la speranza è quella della vittoria dell'astensionismo del fallimento di chi vuole ridisegnare il volto - e la sostanza - della legge 40. Pezzotta si è già espresso pubblicamente e in quanto a Ferrara, è stato un paladino delle ragioni del non voto. Per il direttore del Foglio, il pellegrinaggio diventa anche il momento più concreto per concludere un percorso ideale, cominciato tempo fa. Giuliano Ferrara ha intessuto rapporti con persone come Giancarlo Cesana, responsabile del movimento di Comunione e Liberazione, e con Luigi Amicone, direttore del settimanale Tempi. I loro ideali, forse più ancora il loro modo di vivere, soprattutto di vivere l'amicizia, deve averlo colpito.
Qui certo non si parla di conversione, anche se fa un certo effetto pensare al Giuliano nazionale, laico convinto, in marcia verso Loreto, nel più tradizionale dei gesti da fedele, il pellegrinaggio appunto. Un gesto che viene guardato con sufficienza persino da certa intellighenzia cattolica. Ma no, nessuna conversione. Del resto, lui neppure ci va davvero a piedi, fino a Loreto. Però, arriva allo stadio Helvia Recina già affollato da quasi ventimila persone, che subito gli urlano i loro entusiasmo. Da notare che mica sono tutti giovani e gagliardi. Ci sono anziani, famiglie intere, bambini. Ci sono quelli che non ce la faranno ad arrivare con le loro gambe. Magari a Loreto ci arriveranno persino con un'ambulanza. Però ci vogliono essere. E l'entusiasmo con cui salutano Ferrara fa capire molte cose. Lo hanno seguito in questi mesi di battaglia referendaria; ne hanno condiviso gli argomenti, anche se da laico, ma un laico che - ha detto- vuole seguire la ragione e dunque che non può non aderire a quegli argomenti messi in campo dalla Chiesa. Parla di don Luigi Giussani e di Papa Giovanni Paolo II. La gente applaude e si commuove. Alla frase «amare la realtà, anche se microscopica», con l'evidente riferimento all'embrione, scatta l'applauso. Anche Pezzotta avverte di guardarsi dal pericolo della «falsa scienza e della tecnica manipolante».
Monsignor Angelo Scola, patriarca di Venezia, celebra la messa. Poco prima, incontrando la stampa, ha fatto alcune osservazioni. Prima di tutto, spiega che oggi i giovani scelgono consapevolmente il pellegrinaggio come esperienza: «Dopo gli anni del vagabondaggio, i giovani si trasformano in pellegrini che vogliono conoscere il perché del nascere e del morire». Poi nell'omelia indica nella folla assiepata dentro lo stadio «una grande speranza per l’Italia». La strada è lunga, all'alba ecco la vista di Loreto. Poi, si ritorna, lentamente. Magari in attesa di avere notizie sul quorum.